Secondo il paradigma dell’open innovation, individuato nel 2003 dall’economista californiano Henry Chesbrough, le aziende possono ricorrere a risorse provenienti dall’esterno, come startup, università e altri tipi di fornitori, per far progredire la tecnologia.
Continua a leggere per saperne di più sull’open innovation.
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Cos’è l’open innovation
L’open innovation è una strategia che “sfida” il tradizionale modello d’innovazione chiuso, in cui le aziende si affidano esclusivamente alle proprie risorse e conoscenze interne, per aprirsi a una proficua collaborazione con entità esterne (clienti, fornitori, università, centri di ricerca, ecc.) da cui nascano nuovi prodotti e servizi.
La sinergia e il brainstorming tra vari attori dell’industria 4.0 permette, altresì, di ridurre i costi e accelerare il progresso. Secondo l’Osservatorio Startup Thinking si tratta di una pratica ormai comune, adottata dalla maggior parte delle aziende italiane, le quali dichiarano di percepire benefici concreti dai processi d’integrazione.
Se nel 2018 l’open innovation riguardava solo il 57% delle PMI italiane oggi riguarda l’86%, segno di una rinnovata apertura e fiducia in nuovi modelli d’innovazione distribuita, capaci di coinvolgere flussi di conoscenza e produrre “spillover”, ovvero effetti positivi al di là degli ambiti previsti.
Storia dell’open innovation
Il primo al mondo a dare una definizione di open innovation è stato Henry Chesbrough, economista e autore statunitense, nonché faculty director del del Garwood Center for Corporate Innovation in California.
Chesbrough, nel 2003, ha battezzato il nuovo concetto con il libro “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”, dove riflette sul fatto che la globalizzazione ha reso sempre più rischiosi i processi di ricerca e sviluppo (R&S), poiché il ciclo di vita dei prodotti è divenuto più breve.
È con Chesbrough che la open innovation comincia a prendere forma, lanciando l’idea secondo la quale le collaborazioni tra università e aziende, centri di ricerca e startup conducano a molteplici vantaggi competitivi. Vediamo quali.
I vantaggi dell’open innovation
L’open innovation permette di:
- attingere a un vasto background di conoscenze al di fuori dei propri limiti operativi;
- ridurre i costi di R&S, condividendoli con partner esterni;
- rendere più rapido il “time-to-market”, ovvero il lancio di nuovi prodotti/servizi sul mercato;
- coinvolgere i clienti in modo più attivo nei processi d’innovazione.
Tuttavia, la vera domanda è: come implementare l’open innovation? Continua a leggere per scoprirlo.
Come implementare l’open innovation [guida per imprenditori]
Se intendi implementare l’open innovation con successo, dovrai adottare una mentalità a aperta e collaborativa. Segui questi 4 passaggi:
1. Definisci una strategia chiara
Identifica le aree in cui l’open innovation può apportare i vantaggi per te più significativi ed elabora una strategia chiara e in linea con gli obiettivi aziendali.
2. Diffondi tra i tuoi collaboratori una cultura dell’innovazione
Promuovi la cultura dell’innovazione, valorizzando la sperimentazione, l’apprendimento interculturale e la collaborazione tra colleghi.
3. Crea partnership strategiche
Identifica partner strategici che apportino un valore aggiunto ai tuoi progetti; questi possono essere università, centri di ricerca, startup, ONG e persino competitor.
4. Utilizza piattaforme collaborative
Utilizza piattaforme collaborative che ti permettano di lavorare a più mani sui documenti, ma prima non dimenticare di stabilire accordi chiari su cosa sarà di chi, quindi di definire a priori la proprietà intellettuale.
L’open innovation nel mondo
Sono già molte le aziende che, nel mondo, hanno attuato efficaci strategie di open innovation. L’apripista è Google che, grazie al fondo Google Ventures, finanzia a proprie spese le startup innovative più promettenti e poi le acquisisce.
Samsung, dal canto suo, ha aperto diversi “open innovation center” (il più importante è ubicato nella Silicon Valley), dove le startup e gli innovatori di tutto il mondo possono proporre le loro idee e richiedere finanziamenti.
Ma anche altri big player, come Kodak, Siemens, Sony, Michelin, Apple ed Amazon non hanno perso tempo ad adottare l’open innovation, trasformando spesso le idee di dipendenti, innovatori e startup in casi di successo.
L’open innovation in Italia
In Italia il concetto di open innovation è ancora acerbo, sebbene abbia fatto molti proseliti tra i CEO delle aziende più illuminate. Un esempio interessante, riconosciuto e invidiato all’estero, è quello di Enel, che ha ampiamente accolto l’open innovation.
Enel ha creato una vera e propria divisione dedicata all’open innovation, allacciando centinaia di partnership su tutto il territorio nazionale. Risultato? Sono nati 80 nuovi progetti di collaborazione, che hanno avuto un notevole impatto sul gettito dell’impresa.
Esemplari sono anche i casi di:
- Dompé, che ha aperto un dipartimento di open innovation avente lo scopo di stringere alleanze con oltre 200 centri di ricerca sparsi per il mondo;
- Zucchetti, che ha basato la sua strategia di open innovation sull’acquisizione di startup innovative per internalizzare la produzione di componenti hardware e software da destinare a banche e assicurazioni;
- Cisco Italia, che ha stretto una partnership con player statunitensi per individuare soluzioni in grado di accrescere l’engagement dei dipendenti.
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